Sconfitta a tutto campo
Valentino Parlato
Speravo che, come nel 2001, dopo la sconfitta alle elezioni nazionali, ci sarebbe stata una reazione positiva alle amministrative di Roma. Speranza del tutto infondata: siamo di fronte a un voto popolare (sottolineo popolare) di destra, al punto che in Campidoglio va per la prima volta dopo la Liberazione un fascista. Già (alle 18,30 di ieri) è stata mandata in pezzi una lapide per i martiri delle Fosse Ardeatine - per fortuna, se così si può dire, per ora solo un cippo commemorativo all'estrema periferia di Ostia. Amici tedeschi, venuti a trovarci, ci hanno ricordato la parabola della Repubblica di Weimar.
È una sconfitta senza attenuanti, l'autobiografia di una nazione ci ricorda qualcuno. Questo siamo diventati nel 60° della Costituzione che la nuova maggioranza già si appresta a demolire. È, sul terreno più immediatamente politico, la sconfitta radicale dell'invenzione del Partito democratico. Cioè, ma non solo, della cancellazione del comunismo, ma anche del socialismo e persino della socialdemocrazia. Insomma, della sinistra.
Dopo la sconfitta alle elezioni politiche, dopo la scomparsa parlamentare dell'Arcobaleno, anche la riconsegna di Roma a un podestà. È troppo per non interrogarsi sul perché e sul che fare.
Il perché si concentra nella disattenzione ai cambiamenti della società e dei modi di sfruttamento. Si concentra nella rinunzia a cambiare il mondo, nell'affogamento degli ideali nella palude del politicismo e dell'opportunismo. Se molti operai hanno votato Lega e quartieri popolari di Roma hanno votato Alemanno, significa che le forze del centro sinistra sono diventate repellenti. Questa è la morale del voto di Roma.
Che fare? È un interrogativo che quasi ci fa traballare. Bisogna cominciare - scusate se sto al mio passato - con l'autocritica (l'esame di coscienza dicono i cristiani). Bisogna saper che i giustificazionismi servono solo a precipitare ancora più in basso. Cominciamo col dire, seriamente, a che cosa siamo contro e, quindi, trovare i terreni sui quali contrastare l'avversario vincente. Sforziamo di ridarci una identità non castale.
Dobbiamo sapere - lo dicono tutti - che siamo a una crisi economica mondiale, tipo 1929, e che questa crisi rafforzerà le spinte a destra, a una destra autoritaria, della quale le elezioni italiane di questo mese sono solo un'anticipazione e un avviso.
Sforziamoci di rispondere oggi, subito. Evitiamo il saggio storicismo che dice «ai posteri l'ardua sentenza». Il rischio è che - se va a questo modo - i posteri convalideranno la vittoria dei nemici, nostri e dell'Italia.
(from Il Manifesto, april 30/08)
È una sconfitta senza attenuanti, l'autobiografia di una nazione ci ricorda qualcuno. Questo siamo diventati nel 60° della Costituzione che la nuova maggioranza già si appresta a demolire. È, sul terreno più immediatamente politico, la sconfitta radicale dell'invenzione del Partito democratico. Cioè, ma non solo, della cancellazione del comunismo, ma anche del socialismo e persino della socialdemocrazia. Insomma, della sinistra.
Dopo la sconfitta alle elezioni politiche, dopo la scomparsa parlamentare dell'Arcobaleno, anche la riconsegna di Roma a un podestà. È troppo per non interrogarsi sul perché e sul che fare.
Il perché si concentra nella disattenzione ai cambiamenti della società e dei modi di sfruttamento. Si concentra nella rinunzia a cambiare il mondo, nell'affogamento degli ideali nella palude del politicismo e dell'opportunismo. Se molti operai hanno votato Lega e quartieri popolari di Roma hanno votato Alemanno, significa che le forze del centro sinistra sono diventate repellenti. Questa è la morale del voto di Roma.
Che fare? È un interrogativo che quasi ci fa traballare. Bisogna cominciare - scusate se sto al mio passato - con l'autocritica (l'esame di coscienza dicono i cristiani). Bisogna saper che i giustificazionismi servono solo a precipitare ancora più in basso. Cominciamo col dire, seriamente, a che cosa siamo contro e, quindi, trovare i terreni sui quali contrastare l'avversario vincente. Sforziamo di ridarci una identità non castale.
Dobbiamo sapere - lo dicono tutti - che siamo a una crisi economica mondiale, tipo 1929, e che questa crisi rafforzerà le spinte a destra, a una destra autoritaria, della quale le elezioni italiane di questo mese sono solo un'anticipazione e un avviso.
Sforziamoci di rispondere oggi, subito. Evitiamo il saggio storicismo che dice «ai posteri l'ardua sentenza». Il rischio è che - se va a questo modo - i posteri convalideranno la vittoria dei nemici, nostri e dell'Italia.
(from Il Manifesto, april 30/08)
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